Questa storia si svolge a Marinaleda, un paese andaluso di 2600 anime, posto nel profondo sud
della Spagna. Cosa c’entra, vi chiederete, questo paese con i nostri problemi
di spread (che dio lo maledica), di crisi, di disoccupazione e di miseria
materiale e culturale?
Portate pazienza e ve lo spiego.
Tasso di
disoccupazione uguale a zero. Hanno occupato per anni delle terre agricole
al grido di “la terra a chi lavora”; hanno
creato una cooperativa, la Cooperativa
Humar-Marinaleda SCA che, dal 1992, è diventata proprietaria delle terre
occupate e lì coltivano fagioli, carciofi, peperoni e producono olio di oliva; per
non farsi mancare nulla hanno impiantato una fabbrica di conserve, un mulino, un
frantoio, delle serre, delle strutture per l’allevamento del bestiame, un
negozio. Tutti, insomma, hanno qualcosa da fare: chi direttamente nella
produzione (campi e trasformazione dei prodotti), chi nella vendita, chi nei
servizi di pubblica utilità e tutti percepiscono lo stesso stipendio, circa
1.200 euro al mese.
La casa. Vuoi una
casa tutta tua, di congrua metratura per la tua famiglia e hai solo a
disposizione 15 euro al mese? Ti metti assieme ad altri che hanno il tuo stesso
problema, l’amministrazione comunale ti offre la terra che è di sua proprietà, fornisce
i materiali per la costruzione delle abitazioni, mette a disposizione alcuni
operai edili e con il lavoro e la collaborazione di tutti, interessati
compresi, si costruisce la casa. I futuri proprietari si riuniscono, poi, una o
due volte al mese per seguire il corso dei lavori o stabilire modifiche ai
progetti su carta o, al termine dei lavori, per stabilire la quota mensile da
pagare per divenire proprietario della casa che si sta edificando.
La scuola. In questo
paese quasi dimenticato da dio, il semianalfabetismo era di casa. Ora, le
scuole non mancano più, dalla materna all’istituto superiore, a prezzi
assolutamente irrisori basti pensare che il servizio mensa, per ogni ordine e
grado di scuola, ha un costo che non supera i 15 euro mensili.
La vita sociale.
Le basi della convivenza civile sono l’uguaglianza e la reale partecipazione
della popolazione in tutte le decisioni da prendere sia in campo sociale e
politico che in campo economico e amministrativo. Il bilancio stesso dell’amministrazione
o gli investimenti da programmare vengono discussi con la popolazione, vengono
portati per la discussione e l’approvazione nelle varie assemblee di quartiere
fino ad arrivare alle assemblee di condominio. Una democrazia così partecipata
che non necessita nemmeno della presenza nel paese di forze di polizia. Sul web
c’è molto materiale da consultare in merito.
Ora andiamo a conoscere l’artefice di questa “isola di
resistenza” alla speculazione, alle banche, alla crisi, alla casta politica, ai
guru dell’economia, ai tecnici bocconiani, ai mandrilloni ormai ottuagenari.
È Juan Manuel Sánchez
Gordillo, dal 1979 alcalde indiscusso e apprezzato di Marinaleda, già leader
del Sindacato dei Lavoratori del Campo (SOC) e del Sindacato Andaluso dei
Lavoratori (SAT). La sua autorevolezza, la sua ricerca della giustizia e la sua
capacità di rischio hanno lanciato un vero esperimento politico ed economico
che si sviluppa nella pratica quotidiana del coinvolgimento reale di tutta la
popolazione.
Questa storia mi richiama, in un certo senso, a una concezione
della ricchezza e quindi del possesso differente da ciò che ci propone oggi la
nostra società malata di affarismo e di prevaricazione: ciò che io possiedo (e
non mi riferisco solo alle cose, ma anche alle mie doti, alle mie capacità, alle
mie conoscenze) se ce l’ho é perché è dato a tutti, attraverso di me. È il
concetto proprio del possesso che cambia l’idea: concepire ciò che si possiede
non solo per l’utilità personale, o per il gusto-piacere del possesso proprio,
ma un possesso in funzione della totalità e degli altri.
Se si crea questa mentalità, questo modo di agire, é finita
la povertà. Questa mi pare sia la morale della reale “favola” di Juan Manuel
Sánchez Gordillo.
Grazie a lui e ai suoi compaesani.